giovedì 12 giugno 2014

21

Si tolse gli occhiali e pulì le lenti con la maglietta.
Era una serata tremenda, di quelle da dimenticare: pioveva a dirotto, in tv come al solito non c’era nulla di interessante, e dopo le prime tre righe il libro di Ellis che stava leggendo gli si chiudeva davanti.
Una sera da massacro interiore.
Una sera in cui ogni ricordo ritorna a galla, per farti sorridere o molto più per farti scoppiare in lacrime.
Era una di quelle sere in cui ti rendi conto che la tua vita sta finendo un poco alla volta e ti senti come se fossi soltanto uno spettatore: e cazzo, su quel palco pieno di toppe non succede mai niente di interessante.
Una sera di quel tipo che fa sembrare insignificante ogni tua impresa.
Puoi vedere solo l’uomo che finisce, che si consuma in una sigaretta, in una coca cola, in una risata forzata.
Scaraventò contro la parete il libro che non stava leggendo.
E allora notò le vecchie macchie sui muri, e l’umidità che li stava divorando e gli sembrò che quei muri rispecchiassero la sua anima.
Sporca, erosa, lasciata a morire neanche troppo lentamente.
In un istante e solo per un istante pensò di cambiare tutto:adattarsi, tornare a vivere pienamente nella società, accettare quelle regole che disprezzava, farsi accettare da tutta quella gente che lo disprezzava.
Ma fu solo un lampo, di follia o di normalità.
Prese la penna e un foglio di carta, macchiato di chissà cosa.
Rimase a fissare quel pezzo di carta per degli interi minuti, senza staccare mai lo sguardo e tenendo la penna a pochi centimetri dalla superficie bianca quadrettata, senza mai toccarla con la punta.
Si accarezzava il braccio destro rabbrividendo ad ogni imperfezione della pelle, ad ogni piccola, superficiale cicatrice che la deturpava, o che la decorava.
Poi chiuse gli occhi e li riaprì di colpo, come ispirato o impaurito.
Era una sera come tante altre.
Una delle troppe serate grigie  che distruggono il mondo e che rendono ogni vita futile e terribile.
Era una di quelle sere passate davanti alla tv, o a ragionare del niente nascosto dal buio della solitudine. O a non fare niente.
Sere buttate. Giorni buttati. Mesi buttati.
Intere esistenze che si cancellano dal mondo.
Intere esistenze che distruggono il mondo e lo ricostruiscono a modo loro, vuoto.
Un mondo fatto di osceni teatrini, e l’uomo non è eterno.
Tirò via la penna e il foglio.
Si infilò sotto le coperte, nel letto, chiuse gli occhi e sperò che quella sera finisse il prima possibile
Ma a dirla tutta, che vita lo attendeva, il giorno dopo, e ancora giorno dopo giorno?

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