giovedì 22 maggio 2014

15

Mentre finiva di leggere quel libro di cui neanche ricordava il titolo si accorse che il mondo intorno a lui stava andando avanti.
Si erano susseguiti i governi e la tecnologia aveva raggiunto la fantascienza. Da parte sua, la fantascienza non si era certo fermata ad aspettare.
Era invecchiato il mondo, impercettibilmente, senza che ce se ne potesse rendere conto, ma era di certo invecchiato.
Era invecchiata la sua città ed ogni altra.
L’umanità era invecchiata, continuando a degenerare e a proliferare.
Il cancro si espandeva implacabile.
Una macchia di petrolio che inquina l’intero oceano.
Il petrolio intrappola ogni altra forma vivente. è vischioso.
Immaginate pesci morti da decenni che galleggiano pancia all’aria per i sette mari.
Per il cancro non esiste cura.
Era eccessivo considerarsi una cura per una malattia tanto grave e ancora sconosciuta.
O magari era lui il cancro e tutta quella gente da niente erano le cellule da annerire.
Dio benedica il relativismo..
Ma lui era un cancro guaribile. Magari non in una settimana, e neanche in un mese, o in un anno, ma sarebbe stata solo questione di tempo. Lui sarebbe finito.
E le cellule sarebbero allora state salve per l’eternità.
E il nero cancro, l’altro, non avrebbe più avuto cure.
Mentre quel libro di cui non ricordava il titolo si andava consumando sotto la morsa tremenda delle sue dita sottili, si accorgeva che anche il mondo, allo stesso modo, era stritolato.
E le città
E l’umanità.
E lui stesso.
Desiderava essere carnefice. E vittima.
Cancro e cellula da attaccare.
Siano per sempre la distruzione e la peste.

Chiuse il libro, si tolse gli occhiali e si addormentò sulla sua poltrona. L’altra era occupata.

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