giovedì 1 maggio 2014

9

Quello fu il giorno in cui ebbe più paura. Il giorno in cui si rese conto di essere trascinato dalla passione, in quello che faceva.
Uccidere, massacrare, sotterrare, gli lasciavano addosso una scarica d’adrenalina incontrollabile ed eccitante. 
Molto eccitante.
Non era solo disprezzo ed odio. Non si trattava soltanto del ripugnante puzzo dell’umanità. Sull’altra faccia della medaglia c’era l’allettante sapore del sangue: acre e dolciastro ad uno stesso tempo. Non era solo rabbia e disperazione. C’era da mettere in conto il senso di potere che lo pervadeva in quei momenti: l’attimo prima, quando un paio di occhi terrorizzati lo guardavano supplicanti, e l’attimo dopo, quando il sangue scorreva a fiumi. Quello che c’era in mezzo quasi non esisteva. Succedeva tutto troppo in fretta.
E così si perdeva il meglio, ironia della sorte non riusciva a gustarselo.
Si era svegliato con quel sapore in bocca, quello del sangue, ma forse era stata la sua immaginazione, il desiderio, a farglielo sentire in bocca.
Era poco più che un ragazzo, e si sa quanto siano forti le emozioni che si provano a quell’età. Si sentì trascinare fuori di casa, come un predatore che si appresta a vagare in cerca della sua prossima preda, guardingo ed eccitato. Era una calda mattinata estiva, ma per quanto lo riguardava sarebbe potuta essere una gelida notte invernale.
Era in trance: sentiva solo quel sapore in bocca, a guidarlo attraverso un mondo sfocato.
In quel giorno si sentì malato, incapace di controllare le proprie emozioni, schiavo di mille sensazioni malate
Attese di essere da solo con la sua vittima, una casuale, un ragazzo come ce ne erano tanti, senza nulla di particolare, nessun segno distintivo, nessun motivo per cui odiarlo, disprezzarlo, ucciderlo.
Lo colpì rapido come un felino, senza dargli scampo, con tutta la furia di cui era capace.
Il ragazzo si accasciò a terra, esanime.
Non era privo di ideali, ma comunque era morto. Non era uno di quelli che avevano reso marcio il mondo, ma non si sarebbe più alzato.
Col pugnale insanguinato stretto nel pugno si sentì vivo ed onnipotente. Si sentì colpevole.

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